di Gianluca Paolucci, La Stampa, 15 maggio 2015
Suona come un ultimatum la richiesta inviata da Intesa
Sanpaolo e da Unicredit al Comune di Torino qualche giorno fa. Le due
banche chiedono al comune entro il 30 giugno un piano dettagliato per la
dismissione di un pacchetto di immobili tra i quali figura anche la
Cavallerizza e l’ex zecca di via Verdi. Per capire perché si è arrivati
all’ultimatum, occorre fare un salto indietro alla fine del 2009. Quando
il comune, alla ricerca di nuove fonti di
finanziamento per far fronte ai propri impegni, decide di «cartolarizzare» una parte del suo patrimonio immobiliare.
Ovvero, semplificando, incassa adesso le vendite che farà in futuro. Per far questo compra una società-veicolo che
possa compiere questo tipo di operazioni, la ribattezza «Cartolarizzazione Città di Torino srl» (Cct) e conferisce 11 immobili e terreni in due lotti distinti. Dentro c’è un po’ di tutto, dai palazzi in centro alle ex aree industriali dismesse. La delibera del consiglio comunale che nell’ottobre del 2009 fissa l’elenco dei beni da vendere fissa in 75,1 milioni di euro il corrispettivo minimo atteso dalle cessioni. Il venditore del veicolo è una fondazione di diritto olandese, la Stichting Noventumburg, per il tramite della Kpmg Fides. Il primo lotto viene finanziato da Intesa Sanpaolo con 35 milioni di euro. Nel secondo finiscono la Cavallerizza, l’ex zecca, il terreno tra corso Mortara e via Orvieto del «comprensorio Vitali» e altri due edifici già venduti.
Questo secondo lotto viene finanziato con 39 milioni di euro complessivi da Intesa Sanpaolo e Unicredit. I piani del comune, che prevedevano un vendita piuttosto rapida e un altrettanto rapido incasso, si scontrano con la crisi che abbatte le valutazioni degli immobili e con una serie di altri problemi più specifici. Ovvero, la questione della Cavallerizza, che del pacchetto di immobili è senz’altro il più pregiato e quello con la vicenda più complessa alle sue spalle. Così l’operazione Cct, che nei piani iniziali doveva chiudersi nel 2013 con le cessioni degli immobili e il rimborso delle somme incassate, non va come previsto. Così viene prorogata una prima volta fino alla fine del 2014 e poi di nuovo fino alla fine del 2015. Nel frattempo, una serie di cessioni sono state comunque effettuate e il debito con le banche viene ridotto.
A questo punto però le banche, anche in virtù della difficile vicenda della Cavallerizza, chiedono un po’ di chiarezza e fanno partire la richiesta di un piano dettagliato per la commercializzazione degli immobili. Sul secondo lotto restano infatti da rimborsare poco più di 30 milioni di euro. Nessun timore particolare, spiegano dagli istituti coinvolti. Piuttosto, la voglia di un po’ di chiarezza.
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finanziamento per far fronte ai propri impegni, decide di «cartolarizzare» una parte del suo patrimonio immobiliare.
Ovvero, semplificando, incassa adesso le vendite che farà in futuro. Per far questo compra una società-veicolo che
possa compiere questo tipo di operazioni, la ribattezza «Cartolarizzazione Città di Torino srl» (Cct) e conferisce 11 immobili e terreni in due lotti distinti. Dentro c’è un po’ di tutto, dai palazzi in centro alle ex aree industriali dismesse. La delibera del consiglio comunale che nell’ottobre del 2009 fissa l’elenco dei beni da vendere fissa in 75,1 milioni di euro il corrispettivo minimo atteso dalle cessioni. Il venditore del veicolo è una fondazione di diritto olandese, la Stichting Noventumburg, per il tramite della Kpmg Fides. Il primo lotto viene finanziato da Intesa Sanpaolo con 35 milioni di euro. Nel secondo finiscono la Cavallerizza, l’ex zecca, il terreno tra corso Mortara e via Orvieto del «comprensorio Vitali» e altri due edifici già venduti.
Questo secondo lotto viene finanziato con 39 milioni di euro complessivi da Intesa Sanpaolo e Unicredit. I piani del comune, che prevedevano un vendita piuttosto rapida e un altrettanto rapido incasso, si scontrano con la crisi che abbatte le valutazioni degli immobili e con una serie di altri problemi più specifici. Ovvero, la questione della Cavallerizza, che del pacchetto di immobili è senz’altro il più pregiato e quello con la vicenda più complessa alle sue spalle. Così l’operazione Cct, che nei piani iniziali doveva chiudersi nel 2013 con le cessioni degli immobili e il rimborso delle somme incassate, non va come previsto. Così viene prorogata una prima volta fino alla fine del 2014 e poi di nuovo fino alla fine del 2015. Nel frattempo, una serie di cessioni sono state comunque effettuate e il debito con le banche viene ridotto.
A questo punto però le banche, anche in virtù della difficile vicenda della Cavallerizza, chiedono un po’ di chiarezza e fanno partire la richiesta di un piano dettagliato per la commercializzazione degli immobili. Sul secondo lotto restano infatti da rimborsare poco più di 30 milioni di euro. Nessun timore particolare, spiegano dagli istituti coinvolti. Piuttosto, la voglia di un po’ di chiarezza.
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