martedì 26 maggio 2015

“Sarà come avere a Torino le scuderie imperiali di Vienna”

Elena Lisa intervista Matteo Robiglio (Ordinario in Composizione Architettonica ed Urbana del Politecnico di Torino), La Stampa, 26 maggio 2015

E così la Cavallerizza rinasce.
Apprezzate o meno le trasformazioni nei secoli, ormai è evidente quale sia il suo destino: risorgere dalle sue ceneri. Il profilo della «Cavallerizza che verrà» lo traccia Matteo Robiglio, professore esperto in restauro urbano e architettonico, cardine di una squadra di esperti impegnata a definire il futuro di una ex zona di servizio di Palazzo Reale, e oggi patrimonio dell’Unesco.
Ma soprattutto dei torinesi. Attenti a molte cose della città. Sorti della Cavallerizza incluse.

Professore, si cimenterà nella riqualificazione di un edificio attorno al quale si sono accesi dibattiti anche duri. Affronta il lavoro con quali preoccupazioni?
«Una che considero “sacra” e che tengo stretta: rispettare la storia dell’edificio».

Ma non si dovrebbe parlare di futuro?
«Sì, ma senza dimenticare il passato, la natura della Cavallerizza e gli spazi originali. La sua nuova vita partirà da lì».

Da un lavoro conservativo?
«Per quel che riguarda la struttura, sì. Parte del nostro lavoro sarà proprio rileggere documenti d’archivio e vecchie piantine».

Recuperare gli spazi per farne un uso diverso?
«Quando parlo della Cavallerizza subito penso al sistema di scuderie imperiali di Vienna.
Sono state ristrutturate, bellissime. Ma lì oggi è nato un polo di attività differente: gallerie
d’arte e caffè, residenze universitarie e piccole botteghe».

Sta toccando un punto nevralgico, lo sa vero?
«So che è la sua destinazione a essere oggetto di scontri e preoccupazioni. Per esempio quelle di chi oggi la occupa, l’«Assemblea 14.45». Ci tengo a spiegare che a me, come cittadino, interessa una cosa sola».

Dica...
«Che la Cavallerizza dovrà tornare ad essere vissuta da tutti i torinesi».

Ammetterà che ci sono meno chance se poi, una volta recuperata, saranno privati ad investici, non crede?
«Il momento in cui la Cavallerizza è stata, in assoluto, frequentata di meno è stato quando il “proprietario” era lo Stato. Era parte di un’ala destinata alle forze dell’ordine che lì ci parcheggiava le auto. E nessuno poteva entrarci».

Crede di poter garantire che la Cavallerizza resterà della città?
«Sta negli accordi con il Comune. Nel nostro gruppo di lavoro c’è un esperto di restauro e uno
specialista nell’ascolto del territorio. Uno storico archivista e un legale specializzato in diritto dei beni pubblici, demaniali e patrimoniali».

Un avvocato, e perché?
«Per costringere a una serie di vincoli e garantire l’uso pubblico anche di quegli spazi che, eventualmente, saranno privatizzati ».

Parlare di vincoli è come invitare alla fuga proprio i privati...
«Non scappano quando le regole sono chiare e ben definite fin dall’inizio».

Quando restituirà al Comune il piano di restauro?
«Settembre, ottobre, non oltre ».

E su quale parte della Cavallerizza si concentrerà maggiormente?
«La parte bassa della struttura. Quella deve essere recuperata in fretta per trovare le giuste destinazioni, e tornare adessere veramente patrimonio di tutti. Non soltanto per certificazione dell’Unesco».
Intervista
«Ciò che conta è che laCavallerizza
torni ad essere frequentata e vissuta da tutti i torinesi»

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